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magnus linguae translator Arabicae, volgeva in latino 76 libri di scienze fisiche e naturali, tra i quali Avicenna e l'Almagesto di Tolomeo, horrido stilo et inculta oratione, secondo l'Huet; ma secondo il citato cronista: translatio solemnis habetur. Gerardo morì nel 1187. Tra i più dotti nelle scienze medesime e specie nelle mediche va posto il celebre Costantino, nativo di Cartagine e detto però l'Africano, traduttore degli aforismi d'Ippocrate. Desiderosissimo d'imparare fu in Babilonia, presso gli Arabi, i Persiani, nell'Egitto e nell'India; reduce dopo trentanove anni in patria, sospettato qual mago, per salvarsi fu costretto a fuggire e venne Salerno verso il 1060 e, se non fondatore, fu principale autore e decoro della scuola salernitana. Vincenzo nello Speculum naturale si servì delle opere seguenti di Costantino: de cerebro; de oculis; libro graduum ; pantegni libris; libro de oblivione; practicae libro primo; de simplici medicina; de ventis; in viatico. La sua traduzione degli aforismi d'Ippocrate, secondo il giudizio di Taddeo, celebre medico fiorentino del secolo XIII, sarebbe pessima, superflua, difettiva; migliore quella di Burgundione Pisano: ille insanus Monachus, dice, in transferendo peccavit quantitate et qualitate; tamen translatio Burgundionis Pisani melior est.

Ma tanto le versioni fatte su testi arabi, quanto gli studi fiorenti delle scienze fisiche e naturali ingenerarono sospetto negli ecclesiastici contro le opere d'Aristotele per gli errori, che in materia di fede s'andavano disseminando specialmente in Francia; già si accennò di Guglielmo de Conchis; e pel tema presente non aggiungerò altro che le opere di Aristotele furono proibite, anzi condannate alle fiamme nel 1209. Il divieto però durò poco; nel 1231 se ne permise la lettura, ma solo delle opere dialettiche, non della Fisica, nè della Metafisica. Intanto nell'Italia meridionale Federico II, raccolti preziosi codici greci ed arabi, ne raccomandava in una nobilissima lettera la versione; seguiva l'esempio del padre Manfredi. E Bartolomeo da Messina eseguiva quest'alto incarico, traducendo l' Etica dal testo greco in latino. Furono pure compiute altre versioni di opere Aristoteliche e Platoniche, di qualche Padre della Chiesa, specie di S. Gregorio Nisseno, delle favole di Esopo, dell'Almagesto di Tolomeo e di opere diverse di medicina e matematica. In questa onorevole gara di principi e studiosi volle entrare anche il romano pontefice; i lavori di Averroes dovevano eccitare i religiosi cristiani a tradurre esattamente, a commentare Aristotele. Urbano IV nel 1261 ne dava incarico a S. Tommaso d'Aquino, reduce allora di Francia in Italia. Ma quel sommo dottore non conosceva troppo bene la lingua greca; per sua preghiera e per suo uso Enrico dl Kosbein traduceva la Morale di Aristotele. Ad eseguire l'ordine del pontefice, S. Tommaso si rivolgeva ad un altro suo grande amico, al confratello Guglielmo di Meerbecke per avere una traduzione esatta e fedele di tutte le opere di Aristotele, sulle quali poi egli doveva scrivere i suoi acutissimi e

sapientissimi commenti. Questa versione delle principali opere Aristoteliche, fatta dal testo greco, è la translatio nova.

Vincenzo nello Speculum naturale usa di Aristotele queste opere: de animalibus; de coelo et mundo ex veteri translatione; de morte et vita; de causis; addita libri quarti meteororum; de lapidibus; de plantis ; nel prologo gli estratti compiuti da' suoi confratelli, dalle opere fisiche e matematiche: Physica et matematica excerpta a fratribus. Io non entro a discorrere degli scritti apocrifi; solo esprimo il dubbio che questi estratti forse contenevano tutto ciò che in questo volume si cita di Aristotele, vero o presunto, non derivato direttamente nè da Guglielmo de Conchis, nè dal Physiologus. La nota poi appiccicata al libro de coelo et mundo: ex veteri translatione, ci fa nascere il dubbio, che gli altri libri siano di quelli tradotti dalla versione arabica. Quindi ora s'intenderebbe meglio perchè nel luogo sopra indicato dello Speculum doctrinale usasse la distinzione: in textu, in veteri, in veteri metaphysica; sono termini atti a guarentire la esattezza del concetto aristotelico, derivato o da ottimo commentatore, o meglio da traduzione eseguita sul testo greco, e ciò contro le interpolazioni ed inesattezze d'ogni maniera. Vincenzo insomma voleva dimostrare che nella sua immensa antologia non era incorso in errori di sorta, come vi cadde Guglielmo de Conchis. Il Boutaric ricorda ancora l'Ethica nova, e sostiene aver così Vincenzo chiamato il primo libro dell'Etica Nicomachea; a me pare che si debba piuttosto interpretare per una translatio nova dell'Etica, non già quella ordinata da Urbano IV, bensì un'altra precedente.

25. Ed ora dirò brevemente del merito di Vincenzo, che certo non si deve considerare come quello d'uomo superiore al suo secolo. Non solo i moderni critici, ma un domenicano spagnuolo, Melchiorre Cano, che morì nel 1560, nell'opera sua: de locis theologicis, biasimava in Vincenzo le troppe favole e la soverchia credulità nei miracoli, massime in quelli operati per intercessione della B. Vergine. Nello Spec. hist. XXVIII, 2-4, si leggono estratti dalla relazione di Ugone di Farsit, canonico regolare di S. Giovanni delle Vigne a Soissons, intorno a miracoli operati, intercedente la Vergine. in quella sua chiesa; infierendo cioè un morbo pestilenziale, un malato sarebbe guarito in quella chiesa di N. S. (altri casi pure negli anni 1128-1132). Ma peggio fece Vincenzo accogliendo in estratti la vita della beata Maria di Oignies; Vitae beatae Mariae Oigniacensis; la scrisse Giacomo di Vitry (Jacobus de Vitriaco), cardinale, e fu stampata ad Arras da Francesco Moscho nel 1660, col titolo suddetto e coll'epiteto di beghina: beghinae. Vincenzo ha sciupato trenta capitoli del libro XXX dello Sp. hist. per narrarci fandonie ridicole e inaudite; ma egli non ha voluto solo secondare il genio fatastico, amante del maraviglioso e del leggendario, proprio del suo secolo; ha voluto ancora appagare la sua ambizione di trar fuori qualche novità e na rare qualche cosa di più di quello, che si conteneva nelle cronache

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di Ugone il Floriacense, di Sigeberto e soprattutto di Elinando. Non credendo bene introdurre nulla della nascente letteratura volgare, il che pure gli venne rimproverato, ha voluto mescolarvi questo brutto genere di romanzi. Ciò detto per amor della verità dobbiamo ripetere, che alcune favole accolte da Vincenzo, perchè le trovava in questi cronisti, risalgono agli ultimi tempi della letteratura latina. La stessa favola di Traiano imperatore mi sembra già, in embrione almeno, accennata nel Panegirico di Plinio; quella sull'institutio Plutarchi derivata dagli opuscoli morali del filosofo di Cheronea; ma di ciò forse in altro mio scritto. Ora qui dirò che nei grandi volumi di Vincenzo si trova una forte spinta all'origine di quella prosa filosofica, enciclopedica quale presso noi quella del Tesoro di Brunetto Latini. Io non dico già che il Tesoro sia indi derivato; ammetto riguardo alla materia le fonti additate dal Sundby e dal Mussafia e dal Renier nel citato volume. Con essi però, e massime col Sundby, non si può negare la grande influenza esercitata dal Bellovacense, che nel compendio d'Aristotele sugli animali, e seguendo pure uno di quei trattati, che si dissero bestiarii, forniva, direttamente forse, a Brunetto materia di una parte dell'opera sua. Brunetto, Tesoro, lib. II, cap. 49, e Vincenzo, Spec. doct. XVII, cap. 134, conoscono la pietra di calamita, le sue proprietà e l'uso nautico. Le cognizioni geografiche di Vincenzo, esposte con metodo più sistematico, nella divisione e suddivisione delle regioni Asiatiche, Africane ed Europee, sono più chiare, più precise, e alquanto più estese; le crociate avevano fatto conoscere meglio i Greci, la Siria e la Palestina. Ma riguardo al Nord egli non ebbe ancora un'idea giusta del Mar Baltico e dei paesi settentrionali, supponendo che l'oceano termini l'Europa al 60° grado di latitudine, ove non separa che delle parti insolari. Ma con tutto ciò e colla mancanza di critica, io non credo di esagerare ponendo Vincenzo di Beauvais, quale semplice lettore, e tale egli si professava, accanto a S. Tommaso d'Aquino, sommo dottore, nel fatto che entrambi abbracciarono l'enciclopedia, partendo dalla teologia e in essa terminando il Bellovacense, convertendo invece l'Aquinate tutta l'enciclopedia nella teologia. Saluto entrambi quali due grandi benefattori dell'umanità.

PRESENTAZIONE DI LIBRI

H. VON HELMHOLTZ. Handbuch der Physiologischen Optik. 2a ediz. fasc. 3.

P. E. LEVASSEUR. Coup d'oeil sur les forces productives de l'Amérique du Sud. Statistique scolaire.

G. VON RATH. Vorträge und Mittheilungen.

J. L. SORET. Les impressions réitérées.

CORRISPONDENZA

Ringraziarono per le pubblicazioni ricevute:

La R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Palermo; la Società Reale di Edimburgo; la Società Reale del Canadà, di Ottawa; la Società batava di filosofia sperimentale di Rotterdam; la Società di storia patria di Stuttgart; la Società degli antiquari di Filadelfia; la R. Biblioteca palatina di Parma; la civica Biblioteca di Reykjavik; il Museo di geologia pratica di Londra; il Museo della nuova Zelanda, di Wellington; l'Università di Oxford; la Scuola tecnica superiore di Darmstadt.

Ringrazio annunciando l'invio delle proprie pubblicazioni:
La Società di storia naturale di Reichenberg.

D. C.

P. B.

RENDICONTI

DELLE SEDUTE

DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI

MEMORIE E NOTE

DI SOCI O PRESENTATE DA SOCI

pervenute all' Accademia sino al 3 ottobre 1886.

Astronomia.

Sull'eclisse totale di Sole osservato in Grenada

il mattino del 29 agosto scorso. Lettera diretta dal Socio TACCHINI al PRESIDENTE.

S. Giorgio di Grenada

4 settembre 1886

Ill. Sig. Presidente.

Mi pregio di inviare alla S. V. alcune notizie sull'eclisse totale di Sole osservato in Grenada il mattino del 29 agosto ultimo.

Imbarcatici il 29 luglio a Southampton arrivammo a Grenada il 12 agosto, e non essendo ancora finita la stagione delle pioggie, il capo della spedizione inglese, sig. Lockyer, decise giustamente di distribuire gli osservatori nel maggior numero possibile di punti all' est dell'isola. A me toceò di andare col sig. Turner astronomo di Greenwich e col capitano Smith in una località denominata Boulogne poco distante dal paese detto Greenville. ad una latitudine nord di 12°. 8', 6 e ad una longitudine occidentale da Greenwich di 61°. 37', 7.

Da S. Giorgio ci furono inviate le baracche di legno preparate prima del nostro arrivo nell' isola, e solo il 19 mi fu possibile di montare il mio equatoriale di sei pollici.

RENDICONTI. 1886, VOL. II, 2o Sem.

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