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a perdere ed a pagare; ignorando affatto l'arte dei giuochi a partita doppia, per gabbare amici ed avversari.

Come uomo di Stato, intendeva a meraviglia le grandi questioni, aveva il coraggio delle risoluzioni ardite, la calma per non lasciarsi vincere mai dalla passione. Quando poteva impadronirsi d'una idea semplice e farne perno della sua politica, come accadde in Toscana nel 1859, sapeva farla camminare e nella sua difesa era inespugnabile. Nelle questioni complesse, gli mancavano spesso gli elementi necessari al giudizio, e s'impuntava. Difetto che proveniva dalla mancanza di studi speciali, e dall'esser venuto troppo tardi agli affari. Aveva peraltro il senso del governo, e sapeva tener alto il prestigio dell'autorità. L'opera sua personale valeva sempre più del suo concorso a lavoro collettivo. Il suo periodo più fortunato fu il governo della Toscana, nel quale la sua personalità potè mostrarsi tutta intiera. Ed in quel periodo appunto si spiegarono le rare qualità del suo саrattere morale. Ci fu un momento in cui egli era veramente padrone del paese; non poteva mostrarsi senza essere salutato di applausi interminabili. Nè questo era solamente a Firenze. Bisognava vederlo alle riviste della Guardia Nazionale a Livorno, a Pisa, a Lucca, con che grida era accolto, e quale moltitudine di popolo lo seguiva! Il plauso popolare inebria tutte le nature deboli, che perdono la padronanza di sè stesse e danno in pazzie. Il Ricasoli rimaneva impassibile; non si credeva nulla di più di quello che era; non sentiva la tentazione di mettersi al di sopra delle leggi, di fare e disfare a modo suo. Sceso dal suo cavallo baio, sul quale aveva traversato la folla acclamante, rientrava in sè stesso, e si faceva umile come se fosse stato fischiato. E questa è la vera forza.

Con tutto questo egli non poteva dirsi uomo di Stato parlamentare come era il Cavour e come intendono gl'Inglesi, cioè uomo che fa accettare alla Camera le sue idee, e governa con esse. Il Ricasoli aveva sulla Camera più l'autorità che viene dal carattere e dalla estimazione, che da un largo consenso sopra un ordine di questioni. Oratore felice ogni volta che bisognava scuotere i sentimenti della Camera, non si prestava alla discussione minuta delle leggi. La parola efficace egli la trovava sempre nei momenti solenni, ma la vita parlamentare quotidiana non aveva per lui nessuna attrattiva. Egli tutto riduceva ad una questione di fiducia: se mi credono, egli diceva, mi lascino fare; se non mi

credono, lo dicano francamente, ed io me ne vado subito. Parole vere in un certo senso, ma che ridurrebbero i Deputati a dare o a negare voti di fiducia. Un illustre inglese che ama l'Italia e che sa di governo, nel congedarsi, anni sono, dai suoi amici alla Stazione di Firenze, diede questo consiglio: tenete di conto del Barone Ricasoli, egli non sarà un ministro parlamentare, ma è un uomo al quale l'Europa crede e che potrà sempre rendervi servigi inestimabili.

Tale era il Barone Ricasoli, o almeno tale parve a noi nei lunghi anni che fummo onorati della sua benevolenza. Le sue opere furono da noi malamente compendiate per l'angustia del tempo; ma il ritratto che ne diamo è preso dal vero, con quella libertà che egli stesso ci avrebbe, non che lasciata, imposta, se avessimo scritto lui vivo. È un ritratto che vorrebbe essere scolpito anzichè dipinto, ma lo scalpello è più lento della tavolozza.

Se dovessimo esprimere in pochi tratti il nostro giudizio sopra quest' uomo illustre, diremmo, che come gentiluomo, egli era uno di quei tipi di onestà generosa e di fierezza signorile, che ora scompaiono nel mare magno della democrazia; e che, come uomo di stato, le qualità che mancavano a lui possono trovarsi in molti, ma quelle che gli erano proprie, non le ha nessuno. Auguriamo di gran cuore alla nostra Patria che non vengano giorni nei quali s' abbia a dire: perchè non c'è più il Barone Ricasoli?

Pomarance, il 31 d'ottobre 1880.

M. TABARRINI.

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LA CONVERSIONE LETTERARIA DI G. LEOPARDI

E LA SUA CANTICA GIOVANILE.

I.

Di Giacomo Leopardi s'è parlato tanto, che ormai, ogni volta che vi si torna sopra, nasce il dubbio di venire a noja ai lettori. Nondimeno v'è ancora a dir molto. Lasciando che su la vita e le opere dei grandi scrittori ogni età vuol portare il proprio giudizio, quanto al Leopardi la necessità di parlarne muove da una gione anche più elementare. Lo scrittore recanatese dopo la morte ha acquistato non solo in Italia, ma in tutto il mondo civile, una grande e meritata celebrità; ma, se volessimo leggere la sua biografia, dove se ne trova una discretamente compita? Se volessimo consultare un comento delle opere sue e de' Canti in ispecie, dov'è? Eppur ne'suoi Canti sta la più alta poesia lirica dell'italiana letteratura moderna; nè v' ha forse altra moderna poesia, per la quale sentasi tanto necessario un comento. Qualche illustrazione di alcune parti della vita, e specialmente buoni lavori critici re abbiam certamente; ma son cose parziali e incomplete. Oggi le notizie e i documenti per comentar le sue opere e segnatamente per comporre una biografia men difettiva sono di molto accresciuti. All'Epistolario, già pubblicato da un pezzo per cura di Prospero Viani, è stata aggiunta poco fa da lui stesso un' Appendice con altre preziose notizie; abbiamo, per

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Appendice all Epistolario e agli scritti giovanili di Giacomo Leopardi. Firenze, Barbèra, 1878 Un volume.

Vol. XXIV, Serie II

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1 Novembre 1880

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cura di Giuseppe Piergili, il volume delle Lettere scritte a Giacomo Leopardi da' suoi parenti; abbiamo i due volumi delle sue Opere inedite pubblicate su gli autografi recanatesi da Giuseppe Cugnoni. '

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Eppure, dopo tanta luce sparsa con questi e altri minori documenti, sul nostro Leopardi ci tocca ancora a sentirne via via delle grosse. È venuta fuori in quest'anno una traduzione francese delle sue Poesie e Opere morali; finora il solo volume primo. Apritelo a pagina 64; ecco lì, sotto il canto, che ha per titolo il Primo Amore, impresso un 1831 per segno che quel componimento fu scritto in quell'anno! Nella biografica prefazione di un'altra recente traduzione francese delle sue Operette e de' Pensieri abbiamo letto trasecolando che « il giovane Leopardi (nel 1822) prese un giorno i suoi piccoli risparmî, e parti per Roma »; e più innanzi che << Monaldo, non contento di aver lasciato morire e seppellire il figlio occultamente dalle mani pietose di alcuni stranieri, fu il primo a perseguitarne anche la memoria co'suoi rancori ortodossi.» Anche più recentemente a un arguto e brioso critico italiano in una rassegna sopra la cantica, Appressamento della Morte," usciva detto che quell'affettata imitazione dei trecentisti, che in essa apparisce, si deve all'indirizzo dato a Giacomo in tali studî disrupoloso purismo da un pretonzolo, al quale fu affidata l'istruzione dei giovani conti Leopardi. » E a proposito similmente di questa cantica, v'è chi chiama il nostro poeta a dirittura un << ragazzo pedante, » mentre ci fa sapere ch'egli « per le crescenti infermità non potendo in seguito produrre molto, stampò quanto era sopportabile pure per riempiere qualche volume. »

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Mancandoci dunque di un tauto scrittore una sufficiente biografia come un comento delle sue opere, non sarà inopportuno, nè vano venire spigolando qualche parziale notizia, fondata sul vero; e oggi mi piace toccare un punto della vita di lui, per quanto io sappia, non illustrato da alcuno: la sua conversione letteraria. E

Un volume.

1 Firenze. Successori Le Monnier 1878
Hille, Mix Nie neyer, editore, 1880 Due volumi.

Poésies et Oeuvres morales de Leopardi, Première traduction complète précédé d'un essai sur Leopardi par F. A. AULARD. Tome premier: Paris, Lemerre. 1880.

4 ↑ G. LEOPARDI, Onuscules et Pensées. Traduit de l'italien et précédé d'une préface par Auguste Dipples; pagg. VI, IX, X: Paris, Germer Baillière, 1880.

• Appressamento della Morte, cantica inedita di GIACOMO LEOPARDI pubblicata con uno studio illustrativo dall'avv. Zunino Volta, vice bibliotecario reggente nella r. Università di Pavia: Ulrico Hoepli, Milano 1880.

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