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morale per eccellenza, non lo preoccupa affatto. Ciò quanto alle conclusioni: per ciò che risguarda le premesse, la cosa sta un po' diversamente. L'autore dice in un luogo, che, separata la giustizia, restano nell'onesto vivere, secondo le idee di Ulpiano, le virtù che riguardano noi stessi, i nostri costumi; e più sotto: il giureconsulto con quel precetto intese di proibire limitatamente quelle azioni, che potevano ledere la pubblica onestà e il decoro pubblico ed offendere l'ordine sociale. O noi non comprendiamo più il latino, o qui c'è un po' di confusione: gli atti che ledono la pubblica onestà e il decoro pubblico ed offendono nientemeno che l'ordine sociale, non sono più una cosa che risguardi solo noi stessi e i nostri costumi; e se Ulpiano l'ha intesa veramente in questo senso, il precetto non appartiene più alla morale, come vuole l'autore, ma entra proprio nell'orbita della vita giuridica. Per dire intero il nostro concetto, ci pare che la formola abbia un po'imbarazzato l'autore, ed egli, messo fra l'uscio e il muro, se la sia cavata pel rotto della cuffia. Ma lasciamo questo. Ciò che avremmo desiderato specialmente in una monografia, per quanto breve, che si occupasse del pensiero giuridico dei Romani, sarebbe stato di av vicinarlo al pensiero greco e mostrare come questo si riflettesse nelle filosofie romane. Senza ciò il lavoro non poteva che riescire manchevole. Aggiungiamo un consiglio, che vogliamo sperare possa essere accettato in buona parte. Pur troppo, gli è un mal vezzo che hanno molti di non curarsi, scrivendo, di ciò che altri possa aver detto prima di loro, quasi la scienza possa essere escogitata da un solo, per quanto potente, ingegno, e non sia anzi la risultante di mille sforzi, e tentativi fatti e rifatti, e mille disquisizioni e lotte. Sta bene che l'autore si occupi del Noodt, e un pochino del Savigny; ma anche dopo il Savigny la scienza ha fatto più d'un passo, e quanto alla questione del pensiero giuridico dei Romani, essa era già stata svolta dal Moriani e bene: bisognava consultarlo.

N.B.

Per cagione di un disguido postale, le bozze dell'articolo intitolato Le Nuvole, commedia d Aristofane, non furono corrette dall'autore. Incorsero quindi nella stampa alcuni errori che si vogliono qui notare.

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Pag. 102 in nota, si legga: invece di Terici, Terucci, e invece di Bagnola, Bagnolo. Meini, Mannini. Pag. 103 linea 3: e amava, egli amava. Pag. 103 in nota: materialmente e Tedeschi, meritamente e Tedeschi. Pag. 105 linea 33: Colcade, Coliade. Pag. 106 linea 6: alle fine, alla fine. Pag. 111 linea 33: la ragion, la region. Pag. 118 linea 9: libazione ne' sacrifizi, libazione nè sacrifizi. Pag. 123 linea 15: che si pasce, che ti Pag. 125 linea 38: questo, questi.

pasce.

PROF. FR. PROTONOTARI, Direttore

DAVID MARCHIONNI, Responsabile.

LUIGI DI CAMOENS

300 anni dopo la sua morte.

Onorate l'altissimo poeta. »
DANTE, Inf, c IV.

Tre secoli fa un grand'uomo, uno di quelli che nella via dell'umano progresso fanno l'ufficio di colonne miliari, segnando il cammino percorso ed indicando quello che tuttora rimane, scompariva dal nostro globo, dove aveva menata una vita penosa e difficile. Ma egli lasciava dietro a sè un'opera immortale, per la quale il suo nome visse e vivrà glorioso, fintantochè seguiteranno a volgere i secoli. Quest'opera, i Lusiadi, è il palladio sacro di un intero popolo, il Portoghese, come Luigi di Camoens ne rappresenta il genio nazionale. Il Portogallo brillò negli ultimi tre secoli del medio-evo di luce intensissima, come quella di una splendida meteora, ma come questa fu anche rapida. Ciò non scema però l'importanza dei servigi resi al complesso dell' incivilimento umano, cui contribui in modo insigne. Le gesta compiute da quel nobile popolo dal XII secolo al XVI, se lo fossero state invece in tempi più remoti e fuori dalla luce del Cristianesimo, è certo, che avrebbero collocato quei re e quegli uomini singolari, che alzarono in modo meraviglioso il Portogallo a tanta potenza, fra gli semidei e gli eroi. Ma essi appartenevano ormai alla storia e non poterono esser deificati. Ciò non tolse però, che il loro nome fosse consegnato all'immortalità mercè l'epopea nazionale del Camoens, epopea nella quale si sente palpitare il cuore di tutto un popolo, mercè le sue tradizioni ed i suoi fasti. Essa

Vol. XXIV, Serie II

1 Decembre 1880.

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comparve però allorquando il Portogallo, varcato già il punto culminante della sua parabola, precipitava giù per la curva discendente, e perciò non ne fu apprezzato il vero valore intimo, costitutivo, cioè il suo spirito essenzialmente nazionale. Il poeta ed il poema furono considerati sotto il solo aspetto letterario e non se ne scorse punto l'importanza morale e sociale. Soltanto in questo secolo, col risveglio della coscienza nazionale del Portogallo furono apprezzati questi due ultimi aspetti principalissimi di entrambi.

Il 10 giugno scorso, l'intera nazione Portoghese dal Minho alla Guadania, e al di là dell'Oceano Atlantico, nel Brasile, colla solenne celebrazione del terzo centenario dalla morte di colui che la rappresenta col suo nome, mostrò chiaramente la sua coscienza nazionale, e con essa la propria vitalità.

Quest'importantissimo fatto ha destato un movimento di simpatia in tutte le principali nazioni. In Italia però pochi se ne sono addati. Alcuni giornali hanno appena accennato alle feste di Lisbona, o tutt'al più hanno pubblicato un articolo sul Camoens raccozzato alla meglio da una vita premessa alla prima traduzione capitata loro fra mano e perciò senza costrutto e piena d'errori. Vedendo pertanto che nessuno dei non pochi valenti, che l'avrebbero potuto fare con decoro del nostro paese, se n'è voluto occupare, ho ardito mettermi io all'impresa, non facile per me, affinchè anche l'Italia fosse rappresentata in quest'omaggio universale al grande epico portoghese.

I.

LUIZ DE CAMOENS.

Indi partissi povero e vetusto:

E se il mondo sapesse il cuor ch'egli ebbe
Mendicando sua vita a frusto a frusto,
Assai lo loda, e più lo loderebbe.
(Paradiso, C. VI).

Du bist Odysseus und Homer zugleich,
Und so im Leben arm, im Tod erst reich.
(CAMOENS, H. Schuchardt).

Luigi di Camoens è una conferma della legge naturale dell'atavismo, non sappiamo se anche fisiologicamente, ma certo nell'ordine dei fatti psicologici. Egli infatti ereditò col coraggio

avventuroso la vena poetica dei suoi maggiori. Ci si conceda pertanto di parlare dell'origine della sua famiglia, chè tutto ciò che è in relazione diretta con un tanto uomo non può non interessare.

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4

Questa famiglia fu sin dal X secolo stabilita in Gallizia ove possedeva grandi dominii; dicesi che avesse in proprietà non meno di 17 parrocchie, e la sua sede era in un vetusto maniero presso il Capo Finisterre, del quale è fatto parola perfino nella cronaca di San Massimo, chiamato Caamanos, Caamans o Cadman. Da quest'ultimo nome forse deriva la pretesa che questa famiglia discendesse nientemeno che da Cadmo, per quella ben nota smania del medio-evo di inventare le più strane origini genealogiche. 2 L'impresa araldica dei Camoens in Portogallo aveva un dragone d'oro tra due rocce in campo azzurro. 3 Nel 1147 troviamo un Ruy Garcia de Camaños o Caamans, e da indi in poi si può seguire senza interruzione l'albero di famiglia del Nostro. In quei tempi fioriva la poesia provenzale e João Nunes de Camaños fu trovatore e poetò in galliziano. Di lui si hanno cinque canzoni nel Cancioneiro del Vaticano. Venendo ora al 1370 vediamo la nobil famiglia dei Camaños o Caamans lasciare la sede avita e trapiantarsi in Portogallo con Vasco Pires de Camaños trisavolo di Luigi. Costui fu ai suoi tempi poeta molto celebre e vale pel capo di quella schiera di emigrati dalla Gallizia, che cagionò il rinascimento della poesia galliziana. Nel Cancioneiro genral di Garcia de Resende vi sono alcune sue strofe. Motivo di questa emigrazione taluno dice sia stata una controversia tra i Camaños e i Castera, nella quale uno di questi perdette la vita; ma ciò non mi par probabile, almeno come motivo unico. Sta invece quest'altro, che Vasco Pires avendo sostenuto le parti di Don Pedro, il Crudele, legittimo re di Castiglia, contro il fratello di lui, Don Enrique de Trastamara, il Bastardo, e questi essendo salito sul trono (1370) col fratricidio, per sottrarsi alla sua vendetta fosse costretto a cercare rifugio in Portogallo presso il re Don Fernando

Les voyages de Camoens, par RAOUL DI NAVERY, officier d'Académie. Paris, A. Hennuyer, 1880. Luiz de Camoens, Zur dreihundertjährigen Gedenkfeier seines Todes, 10 juni 1880. AGOSTINHO D'ORNELLAS, nel Magazin für die Literatur des Auslandes del 12 giugno 1880.

3 Vida de Camoens (nota 2) del Visconte de Souza Botelho, MORGADO MATTEUS, premessa all' edizione dei Lusiadas del 1817. Firmin-Didot, Parigi. Luiz de Camoens der Sänger der Lusiaden Biographische Skizze von Dr. CARL von REINKARDSTOETTNER, Docenten an der K. Polyt. Hochschule zu München, 2 Auflage. Leipzig, 1879.

RAOUL DE NAVERY, 1. c., p. 1, c. 1.

(1367-1383) che aveva appoggiato Don Pedro, e tentava, ma senza frutto, di conquistare la Castiglia contro Enrico II, dal quale fu sconfitto. L'importanza dei servigi prestati da Vasco Pires al re di Portogallo è provata dai grandi favori e dalle ricchezze, di cui questi lo colmò. Difatti gli dette i borghi di Sardoal, di Punhete, di Narvão, di Villa Nova de Anços e le terre in Aviz, Evora e Extremoz, già appartenute all'Infanta Da. Beatriz; inoltre lo chiamò a far parte del suo consiglio, e gli affidò le due importanti alcaidarie maggiori di Portalegre e di Alenquer. E Vasco Pires meritava questi favori, perocchè egli era prode cavaliere e suddito fedele, non meno che valente poeta. La fedeltà che serbò al suo benefattore anche dopo la morte di lui gli costò le sostanze e la vita. Infatti, morto D. Ferdinando I, nel 1383, il Portogallo fu minacciato da gravi ed imminenti pericoli. L'ambiziosa ed odiata regina Da. Eleanor Telles pretese il trono per sè e per il suo drudo, il Conte de Andeiro; ma spentole questo da Don Giovanni Gran Maestro d'Aviz, figlio bastardo di Don Pedro il Giustiziere e di D'. Theresa Lourenço, si rivolse al suo genero Don Giovanni I di Castiglia, il quale si accinse a conquistare il Portogallo in nome di sua moglie l'Infanta D Beatrice. Ma nella memoranda battaglia d'Aljubarrota (1385) Don Giovanni d'Aviz riportò una si decisiva vittoria, che d'un tratto rovesciò le speranze di D'. Eleo. nora e di Giovanni I, e sali egli stesso sul trono glorioso del Portogallo incominciando una nuova dinastia, non meno illustre della precedente. Vasco Pires de Camoens (chè così si era fatto portoghese il nome di Caamans o Camanos) stimò suo dovere il sostenere i diritti della casa di Don Ferdinando, e combattendo per Castiglia difese Alenquer contro il Mestre d'Aviz, ad Aljubarrota fu fatto prigioniero e si vide tosto confiscati da Giovanni I di Portogallo i beni e le sostanze largitegli da Ferdinando, tranne i dominii d'Evora, d'Aviz ed Extremoz, eretti poi in feudi chiamati Camoeiras. Vasco Pires aveva sposata la figlia di Gonçalo Tenreiro, capitano maggiore nell'armata portoghese e ne ebbe tre figli, Gonzalo Vaz, João Vaz, e Constança Pires. Il primo trasmise ai suoi numerosi discendenti la nobiltà e le annesse prerogative della famiglia; il secondo dette origine al ramo cadetto dei Camoens, cui appartenne il nostro Luigi, col quale si spense. João Vaz, suo bisavolo, ebbe una vita avventurosa e illustre. Rese grandi servigi a Don Alfonso V, l'Africano, (1445-1481), combatte in Africa ed in Castiglia, fu deputato alle Cortes, ebbe dal suo re il titolo onorifico di vassallo, e chiuse i suoi giorni in Coim

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