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perta la spesa, e per conseguenza piglia o seconda l'iniziativa di tutte le questioni relative a imposte, prestiti, ed altre operazioni dirette a mettere una determinata somma in mano al Governo. Il bill d'attribuzione enumera le concessioni di denaro fatte al Governo ed autorizza le somme votate dal Comitato delle sovvenzioni perchè sieno applicate ai singoli servizii pubblici. Nė il Governo ha facoltà di spendere più per ogni capitolo del bilancio; tuttavia, secondo una risoluzione del 30 marzo 1849, se l'indugio di una spesa tornasse dannoso al pubblico servizio, una clausola speciale apposta al bill d'attribuzione gli dà facoltà di coprire le eventuali deficienze di alcuni capitoli dei bilanci della guerra e della marina colle eccedenze di altri, purchè la spesa non risulti variata nel suo complesso e il ministro presenti alla Camera i documenti particolareggiati di codeste pubbliche necessità. Il Comitato dei conti pubblici, secondo uno standing order del 3 aprile 1862, emendato il 28 marzo 1870, esamina l'uso fatto delle somme deliberate dal Parlamento; esame sottile, diligente, imparziale, seguito con grande attenzione dalla Camera e dalla pubblica opinione, quanta è l'indifferenza colla quale sono esaminati da noi i consuntivi. Ben comprendono gli Inglesi come cotesto arido esame sia il coronamento dell'edificio di tutto il controllo costituzionale dei Comuni sulle pubbliche spese. «Non vi è nello Stato servizio pubblico più utile di quello che prestano gli undici membri di cotesto Comitato dei pubblici conti. » 2

La Camera dei Lordi ha procedura meno severa, e tutto l'andamento de' suoi lavori è più libero e sciolto. Non discutono i particolari delle pubbliche spese, non procedono ad appello nominale, deliberano, si può dire, qualunque sia il numero dei

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125 and 26 Victoria, Cap. 71, Seg. 26. MAY, Parliamentary Practice, Capo XXI.

PALGRAVE, House of Commons, pag. 98 della nuova edizione del 1878. Tutta cotesta materia è stata trattata con grande ampiezza da R. GNEIST in Germania e da G. ARCOLEO in Italia. Quegli aveva illustrata tutta la materia nel suo Englische Verwaltungsrecht, 2o Aufl. 1867, vol. II, §§ 18-71, e l'aveva spiegata in forma popolare nel libretto tradotto in italiano dal Bonghi con una magnifica prefazione del Messedaglia: Il bilancio e la legge secondo il diritto costituzionale inglese. Nel 1879 l'on. Gneist pubblicò una rifusione completa di questo lavoro, Gesetz und Bugdet, ecc., Berlin; dove pigliando argo mento dalla crisi ministeriale del 1873 e ricordando le lotte costituzionali del 1862-1866, sostiene che il rifiuto del bilancio è contrario al diritto costituzionale tedesco come all'inglese. Senonchè parmi l'amicizia del Gran Cancelliere e le considerazioni politiche turbino in questo lavoro le serene conclusioni dello scienziato. Va ricordato anche il lavoro del CzÖRNIG e raccomandato quello dell'ARCOLEO, Il bilancio dello Stato e il sindacato parlamentare. Una breve e precisa idea della Legge del bilancio ha dato il RICCA-SALERNO nell'Annuario di C. F. Ferraris, Milano, 1880.

presenti. Hanno un presidente che parla sempre ed ha pochissima autorità. Sir W. Vernon Harcourt metteva persino in dubbio, in un suo discorso del 22 febbraio 1879, mentre i Comuni si affaticavano intorno ai loro standing orders, che i Lordi abbiano affatto un regolamento; certo gli standing orders dei Lordi sono piuttosto intesi a farli parlare, come nell'altra Camera s'affaticano a scemare gli abusi della parola. Imperocchè i Lordi non solo ignorano, come diceva Hartington, la gran scienza dell'ostruzione, ma si limitano per lo più a mettere la sabbia sui bills che vengono loro inviati. Gli è che, concludeva sir Vernon Harcourt, non hanno a temere alcuna maniera di dissoluzione, fuor di quella che annuncia loro la verga nera della morte. Laonde, una sola questione importante di procedura si è sollevata negli ultimi anni in questa Camera, se cioè il lord Cancelliere ne sia per l'ufficio suo il Presidente. Si riconobbe, che era sempre stato così, che per tale era riconosciuto in atti pubblici, ed appunto a togliere le difficoltà che ne derivano, il sacco di lana, sul quale siede, si era reputato sempre fuori della Camera. Anche E. May, del resto, dedica alla procedura della Camera dei Lordi una piccola parte del suo Trattato, nel quale indaga lungamente e minutamente la pratica della Camera dei Comuni.

ATTILIO BRUNIALTI.

Times 24 febbraio 1879.

'Lettere del duca di St. Albans al Times del 3 agosto 1878.

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Aмos, pag. 101-102.

DELLA VITA E DELLE OPERE

DI

IGNAZIO CIAMPI.'

1.

Se le cariche, gli uffici e quei titoli di nobiltà, che si acquistano per concessione del Monarca su proposta di alcun suo ministro, fossero bastevoli argomenti a dimostrare il merito di coloro che ne andarono insigniti, io non avrei a far altro per mettere in luce il valore d'Ignazio Ciampi che recar qui la lista delle cariche da lui sostenute e dei titoli che gli furono conferiti. Perchè laureato in età di ventidue anni nell'uno e nell'altro giure, fu avvocato a trenta e poscia aggiunto alla procura dei poveri, giudice, presidente di tribunale, professore di storia moderna nella Università di Roma, consigliere comunale, ascritto nell'Accademia de' Lincei e in molte altre di minor conto, prima cavaliere poi commendatore nell' ordine della Corona d'Italia; e tralascio le moltissime incombenze che o dalle accademie o dalle società o dal comune o dai governanti gli si affidarono.

Ma questi uffici e queste onorificenze troppo spesso si ottengono per cagioni tutt'altro che onorevoli. Quindi non che io le rechi a provare i meriti del mio illustre amico, con quella schiettezza la quale spero acquisterà fede a quanto altro son per dire,

È noto ai lettori della Nuova Antologia che il compianto prof. Ciampi fu nostro benemerito collaboratore; siamo perciò lieti di poter loro offerire la presente biografia, tolta dal primo volume della Bibliografia Romana, che sta per essere pubblicata dal Ministero d'Agricoltura e Commercio.

gli recherei più a biasimo che a lode l'averle desiderate; se non fosse che a questi tempi felici chi non voglia essere schiacciato da un volgo di sedicenti dotti, eruditi, filosofi, scienziati, poeti e via dicendo, tutti quanti corredati di titoli e muniti di buone prebende, gli fa bisogno ambire quelle vane apparenze ancora quando la sua dottrina e virtù sia vera e non finta.

La morte rimette le cose al posto loro ed è giusta dispensatrice di fama o di vitupero.

Del che i tristi, per isventura, anzichè dolersi in cuor loro si rallegrano poichè ad essi pare troppo bel guadagno cedere agli altri i primi gradi tra i defunti, tenendo per sè i primi gradi tra i vivi. Tale è il costume delle anime abbiette, ma gl'ingegni alti e gentili, acciocchè rimanga caro e venerato il nome loro presso i futuri, sopportano volentieri fatiche, dolori, miseria, esilio. Fortunati pertanto dobbiamo reputar quelli cui non fu d'uopo patire siffatti mali per lasciar di sè durevole memoria. Tra i quali è da porre il Ciampi benchè finisse immaturamente la vita.

Ignazio Ciampi vide la luce in Roma il di 31 luglio dell'anno 1824. Fu di condizione civile e agiata e mai trapassando i termini della moderazione, non ischivò i piaceri, non si appartò dalle allegre brigate. non rifuggì dagli spettacoli, dalle geniali adunanze, dai pubblici negozi. Tutte le quali cose insieme colla professione di giurisperito ch'egli esercitò fino all'anno 1874, quando si consacrò intero all'insegnamento ed ai suoi lavori storici e letterari, non gl'impedirono di comporre un numero prodigioso di opere, o per arte, come le poetiche, lo per erudizione, come le storiche, tutte qual più qual meno pregevoli ed alcune di grande valore o di non consueta bellezza.

II.

De' primi anni, de' primi studi suoi e delle prime prove giovanili lasciò egli medesimo scritte alcune pagine, fingendo perlare in persona di un tal Nicia; ma il velo di cui volle ricoprirsi è assai trasparente, benchè in sul principio e' siasi ingegnato alterare alcune circostanze per trarre i lettori fuor di strada. Ed a me sembra che udire in tal proposito le sue stesse parole debba esser cosa troppo più gradita che non ascoltare le mie, onde qui appresso le trascrivo:

<< Io nacqui a ..... nell'anno.... al dì 31 di .... Non metto i puntini per moda, ma perchè non voglio proprio che si sappia Vol. XXIV, Serie II 1 Dicembre 1880.

33

la mia città natale e l'età mia. Non voglio che si sappia la città perchè dico cose e dipingo persone, le quali potrebbero essere riconosciute ed io ancora nutro nell'animo un po' di carità e aborro la maldicenza specialmente quando è inutile. Non dico il giorno, il mese e l'anno in cui nacqui, per una ragione tutta personale, per amor di me stesso. Ho ancora i capelli neri sebbene quà e là vi si mescoli qualche canuto che cerca di far proseliti e abbia nel mezzo del capo una maestosa chierica; ma ad onta di tali rovine io col cappello in capo non faccio una trista figura e verso l'avemaria le crestaie mi guardano sott'occhi, segno che mi credono un giovinotto. Non voglio dunque uccidermi con le mie stesse mani, e a questo terribil fine giungerei dicerto se queste memorie giunsero per mala sorte tra le loro mani. È vero che le crestaie non leggono mai. Ma tante volte il diavolo ci si mette!

» Mio padre a trentasette anni avea sposato una giovinetta di sedici. Il che non impedi una discreta unione, turbata solamente da qualche litigio allorchè mio padre avea bisogno di sfogare l'umore sanguigno che gli si affollava al petto. Del resto egli era scusabile. Ritiratosi dal commercio e poco istruito, qualche volta non sapea che cosa fare. Verso la fine di sua vita si provvide delle commedie del Goldoni edite dall'Antonelli, e questa lettura lo consolò.

» Ebbi i primi rudimenti della vita da una montagnola degli Abruzzi venuta a casa nostra di sedici o diciotto anni e invecchiata presso di noi. Non aveva mai voluto prender marito: ricusò persino un calzolaio padronale e anche un cuoco del principe Borghese. Sospetto ch'ella non fosse molto focosa; altrimenti non si potrebbe spiegare questa ostinazione di rimaner fanciulla. È certo, ed io lo posso attestare anche con giuramento, che ella usava respingere le troppo affettuose dichiarazioni di mastro Peppe il calzolaio con sonori pugni. Era fornita di braccia sode e di denti bellissimi.

» Mi raccontava degli orsi e dei lupi del suo paese, ed ecco perchè ho sempre ritenuto un po' di ruvido, dell'orsacchiotto. Quando mia madre andava al teatro, l'abruzzese si poneva a giacere così vestita sul letticciolo ove solevamo dormire insieme io ed il mio fratellino, e ponendo le mani entro i miei folti capelli ci narrava dell'orso che pigliava la misura del corpo del dormente per sotterrarlo, e dei lupi che a branchi, a frotte, correvano appresso agli uomini a cavallo. Sento ancora nelle orecchie il soffio

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