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gnità personale e dell'ospitalità. Nelle rare divergenze di cui fui testimone fra essi e Europei, e che derivavano quasi sempre da malintesi, non mi ricordo che essi abbiano mai avuto torto. Se fra essi trovai qualche eccezione, fu nella persona dei loro sceicchi o capi, diventati funzionari egiziani e le di cui virtù native si erano un tantino alterate dalla frequentazione coi begs e i mudirs.

Malgrado però il funesto effetto della dominazione egiziana, il fondo delle popolazioni sudanesi è buono e sarebbe suscettibile di grande miglioramento se invece di essere rette da governatori avidi e crudeli fossero governate da uomini che si preoccupassero della loro educazione morale e intellettuale.

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Intelligenti e pronte d'ingegno, le razze vere del Sudan non devonsi confondere colle razze inferiori di certe regioni Niliache e ancora meno con i selvaggi abitanti delle regioni che confinano coll'Atlantico. In generale qualificherei i Sudanesi o piuttosto i Nubiani come grandi fanciulli aventi tutte le qualità e tutti i vizi della prima età. Tutto dipende dalle maniere colle quali queste facoltà buone e cattive verranno sviluppate, onde sapere a quali rimarrà il sopravento. Fino ad ora pur troppo l'islamismo che ha gittato qualche buon seme su questo terreno ancora vergine, ne ha però seminati tanti cattivi, che la bilancia trabocca dal lato del male. Non dispero però delle razze sudanesi; alcune di esse hanno ancora abbastanza energia, abbastanza forza vitale malgrado la perduta autonomia politica, per resistere all'impulso del male; esse conservano intatti certi grandi principii di moralità e di onore che sono sconosciuti ai loro conquistatori. In questi principii e nell'influenza della civiltà che poco per volta rovescia tutte le barriere, tutti gli ostacoli e tutte le frontiere, queste popolazioni, così degne d'interesse, troveranno il proprio salvamento e la propria rigenerazione.

Come le popolazioni che lo abitano, il suolo del Sudan contiene germi d'immense ricchezze. Nel corso delle mie peregrinazioni ho prestato speciale attenzione a cotesta quistione della produzione, si intimamente collegata ai problemi sociali ed economici, la cui soluzione è oggetto di profondo studio per parte dei pensatori, e mi sono convinto che almeno in parte la quistione può avere il suo scioglimento su questa terra ricca, ferace, generosa, e pur improduttiva, giacchè il Sudan offre tutti gli elementi di un paese produttore e consumatore allo stesso tempo. Le sue sterminate pianure ove tutte le produzioni del

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suolo prosperano e possono dare due raccolti annui, potrebbero sovvenire in una proporzione non indifferente ai bisogni, sempre crescenti delle industrie, mentre i mercati del Sudan offrirebbero in compenso largo e fruttifero smercio alle produzioni delle nostre fabbriche.

Onde ottenere questo duplice risultato una sola cosa è necessaria: facilitare i mezzi di trasporto. Nè le braccia, nè i capitali mancherebbero nel paese per intraprendere lavori agricoli che arricchirebbero la popolazione, ciò che gli permetterebbe di consumare in maggiore quantità i nostri prodotti.

Ciò che manca assolutamente, l'unica cosa di cui il paese ha bisogno onde vedere le sue incolte pianure transformarsi in fertili campi, è la facilità dei trasporti, i mezzi rapidi e sicuri di comunicazione. Non citerò che un esempio. La dura o il gran turco possono comperarsi in qualunque mercato del Sudan per quattro piastre l'ardeb, in Suakim a poche centinaia di miglia dai paesi produttori, l'ardeb dello stesso grano pagasi dalle 65 alle 70 piastre, mentre pagasi 100 e perfino 110 piastre in Cairo ed in Alessandria. Perchè questa enorme sproporzione fra i prezzi dei mercati produttori e quelli dei mercati consumatori? Per la semplice ragione che il nolo elevatissimo dei cammelli, unico mezzo di transporto usato sino ad ora, costringe l'intermediario e l'esportatore a vendere la sua merce ad un prezzo cinquanta volte superiore al prezzo del mercato d'origine, senza però che tale aumento gli procuri sensibile benefizio.

Il giorno in cui il fischio di una locomotiva echeggierà nelle savane sudanesi, la difficoltà sarà vinta; le tribù nomadi, seguendo le leggi immutabili che presiedono alla vita delle nazioni e che ci vengono insegnate dalla storia, si fisseranno al suolo, lascieranno la pastorizia quel primo stadio, quell'infanzia dell'umanità. per diventare agricole, cioè produttrici e capaci di fornire il loro contingente al consumo generale.

Presentemente il commercio di importazioni europee è nullo in proporzione di ciò che potrebbe essere. Dal mare a Gallabat da una parte, dal mare a Kartum dall'altra, se si eccettua quest'ultima città, non havvi una casa europea che approfitti delle ricchezze di queste regioni. Alcuni dettaglianti greci, alcuni mercanti indigeni sono i soli importatori di generi di primissima necessità, e spesse volte mancano anche questi nel mercato.

Varie volte nelle mie corrispondenze ho accennato questo stato di cose, indicando alle nostre società africane, in special

modo a quella di Milano, l'immenso interesse che avrebbe l'industria italiana nello stabilire agenzie nell' interno del paese. Sarebbe un vero monopolio che darebbe vistosi risultati e di cui nessuno ha approfittato. Una Agenzia in Kartum per tutto ciò che concerne il commercio di esportazione e d'importazione dal Nilo Bianco, un'altra in Ghedareff che è il centro commerciale di tutto il Sudan Orientale, aprirebbero vasti sbocchi ai nostri prodotti d'ogni genere, giacchè oltre fornire i mercati delle provincie egiziane, quest'ultima agenzia attirerebbe a sè tutto il commercio di importazione e di esportazione delle ricche provincie dell'Abissinia orientale e meridionale da dove provengono prodotti ricercatissimi, quali sono il caffè, l'avorio, le penne di struzzo, la cera, lo zibetto e la polvere d'oro.

Ma se nell'interesse commerciale ed industriale dell' Italia credo utile che le nostre società africane debbano impiantare alcune agenzie nell'interno del continente, havvi altra cosa ancora, assai più importante, che reclamo dai governi europei, ed è lo stabilimento di agenzie consolari, onde l'abolizione della tratta non rimanga lettera morta.

L'impianto di consolati in Kartum ha già dato eccellenti frutti; la via del Nilo è pericolosa ai negrieri, ma questi non si sono però dati per vinti. Hanno cambiato itinerario, i convogli di schiavi invece di scendere il fiume traversano le savane sudanesi e si dirigono impunemente verso la costa. In tutta quella immensa regione che stendesi fra Suez al nord, Kartum a ponente e l'Africa equatoriale non havvi che un sol consolato, quello di Francia a Massauah. Sulle autorità indigene non si deve contare. A Gadàref poche settimane or sono, vidi io stesso un convoglio di parecchie centinaia di schiavi diretti alla costa, che rimasero in paese a cognizione di tutti, senza che le autorità se ne preoccupassero, anzi potrei citare i nomi di parecchi funzionari, e dire quanto ognuno di essi ricevette di regalia per chiudere gli occhi sul passaggio di questa merce di contrabbando.

Gli infelici che incatenati sono condotti al mare non seguono più la via di Kartum; i convogli traversano il Nilo a Mussellamieh, tagliano attraverso l'oasi di Gadàref e si dirigono per Kassala a Suakim, mentre quelli, e sono i più numerosi, che provengono dalle regioni meridionali del Sudan orientale e dal Gallas attraversano le pianure di Gallabat e di Gadaref per poi continuare la via indicata più sopra.

Una agenzia consolare impiantata a Gadàref cioè al punto

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centrale ove si incontrano i convogli provenienti dal mezzodi, da ponente, se affidata a uomo energico, che prendesse a cuore la sua missione, sarebbe sufficiente per richiamare le autorità indigene al loro dovere e all' osservanza dei trattati, nonchè per infondere salutare terrore nei negrieri.

È lo stabilimento di quest'agenzia che, in nome dell'umanità, in nome delle migliaia di vittime di vergognoso traffico, in nome delle centinaia di vittime che giacciono insepolte lungo le strade, morte di fame, di sete, di stanchezza sotto la frusta dei loro conduttori, io reclamo dai governi europei ed in special modo dal governo italiano; ed è provvedimento necessario, urgente, voluto dal progresso, dall'umanità, dall'onore.

La mia voce è ben debole, ma la causa che difendo è così grande e nobile, che sono certo troverà eco presso coloro che hanno il dovere e il diritto di mettere un termine ad uno stato di cose che ripugna alla mente ed al cuore.

In quanto a notizie politiche, ve ne posso dare ben poche. Dicesi che Ras Abdallah generale del re Giovanni d'Abissinia ha invaso il Elnabait onde riscuoterne il tributo. Tre reggimenti, egiziani sono partiti da Kassala per rinforzare la guarnigione di quella vallata, ma come al solito gli invasori si ritireranno prima dell'arrivo di questi rinforzi, dato e non concesso che arrivino; che se poi ci sarà combattimento, l'esito non è dubbio. Gli Egiziani fuggiranno al primo attacco, secondo la prudente e poco lodevole loro abitudine, lasciando armi e bagagli in possesso del generale abissino. Il più chiaro della faccenda è che le popolazioni saranno saccheggiate, i raccolti distrutti; ciò che causerà la ruina dei coloni europei stabiliti a Keune fra i quali sono parecchi italiani, veri modelli di coraggio e di perseveranza che da anni lottano contro pericoli di ogni sorta.

Appena finita la stagione delle pioggie che rendono le strade impraticabili, ciò che mi forza a dimorare inattivo qui, riprenderò la mia marcia pel sud, onde riconoscere le sorgenti ed il corso del Sobat, problema che interessa assai i cultori di geografia africana, e onde insistere presso il Negus affinchè si apra al commercio dell'interno le vie che dal Goggiam, dall' Amhara e dal Tigrè mettono al nostro possedimento di Assab. Spero riescire in ambi i miei scopi, mercè le relazioni che ho potuto fare durante la mia dimora in questo paese.

LUIGI PENNAZZI.

RASSEGNA DELLE LETTERATURE STRANIERE

Daniele Stern. L'Ane di Victor Hugo.

L'Eau de Jouvence del Renan,

Tra le donne scrittrici del nostro tempo, nessuna forse inalzò la mente a più alti e più nobili pensieri della contessa Maria d'Agoult, figura olimpica che non si può ricordare senza rimpiangerla, e di cui ogni ricordo ci dovrebb'essere sacro.

Ebbi occasione in queste pagine di esaminare il volume de'Souvenirs, a' quali si è sperato invano un seguito, che non venne ancora, che non verrà forse più mai, poichè, o le memorie successive non furono mai distese come afferma il Ronchaud, o l'amico devoto che le raccolse credette cosa imprudente il mettere il pubblico a parte di quelle confidenze. Ma nel volume delle Esquisses Morales che il signor Louis de Ronchaud ci offre ristampato, noi vediamo rivivere tanta parte dell'illustre donna che la morte sottrasse alla nostra ammirazione, tanta parte della sua originalità, che possiamo in parte consolarci di quello che forse abbiamo irreparabilmente perduto. Ma il De Ronchaud ha poi fatto più ancora. Approfittando dell'occasione di questa ristampa, l'amico più intimo e più devoto della contessa d'Agoult, scrittore egli stesso erudito ed elegante, ci offre ora un ampio studio biografico sopra la nobile donna che sotto il nome di Daniele Stern rimarrà a rappresentare, nel modo più splendido, la letteratura femminile del nostro tempo.

Molto opportunamente il biografo fece precedere il suo studio da alcuni schizzi rapidi ma fatti con maestria di due donne illustri, la Roland e la Stael, degne di precorrere Daniele Stern nel nobile arringo, come la Sand doveva essere, con temperamento molto diverso, abitudini e ingegno differenti, emula splendidissima della gran dama francese che aveva ricevuto il suo battesimo ideale dal genio di Volfango Goethe. « Allemande et française par la naissance et l'éducation, scrive il Ronchaud, madame

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