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convinti che convenga sopprimerla. Noi mutiamo e rimutiamo senza posa le nostre leggi; tostochè il bisogno di innovare e progredire ci punga, nessun riguardo ci arresta, nessun ostacolo ci scoraggia: codici, leggi fondamentali, proprietà, libertà, Statuto di Carlo Alberto, tutto siam pronti a modificare, senza punto impensierirci de'nostri giuramenti di ieri, e molto meno delle nostre opinioni dell'altro ieri.

Se io fossi, adunque, ne' panni dell' onorevole Magliani, non perderei coraggio per così poco, qualunque la mia provenienza si fosse. Uscito da' ranghi della Sinistra, direi ai miei colleghi: la fortuna ci arride, la miglior gloria che potevamo agognare ci si presenta, affrettiamoci a riconquistare d'un salto sulla via del vero progresso una distanza doppia o tripla di quella che siamo imputati di aver perduta. Uscito dai ranghi della Destra, direi ai miei colleghi: cogliamo avidamente l'opportunità che ci viene, di mostrare fin dove la politica nostra virtù si può estendere; abbiamo commesso lo sbaglio, forse, di assodare ed espandere, più di quanto vi era bisogno, la calamità del corso forzato; i nostri avversarii, più fortunati di noi, han potuto afferrare il momento propizio per liberare da questa piaga il paese; vengono con idee plausibili e ponderate; coraggio, dunque, aiutiamoli fino ad accettare oggi di buona voglia, ciò che alcuni anni or sono avremmo sdegnosamente respinto.

Provi l'on. Magliani l'efficacia dell'uno o dell' altro linguaggio, e li provi entrambi se vuole. Toccherà allora con mano come in Italia il solo partito, eterno e immutabile, è la brama comune di assicurare la prosperità della patria.

Con fondata speranza di poter continuare a comunicarle le mie ulteriori riflessioni sopra un soggetto di tanta importanza, La prego, Professore carissimo, di non dimenticare il

Venezia, 14 dicembre 1880.

Suo aff.mo amico

FR. FERRARA.

FEDERICO SCHILLER.

LA DONNA CELEBRE.'

(Epistola di un marito ad un altro)

Compiangerti dovrei? Tu maledici
Con lagrime d'amaro pentimento
Al nodo nuzïale. E la cagione?

Perchè la donna tua d'un altro in braccio
Cerca, rotta la fede a te giurata,

Ciò di cui non l'appaghi? Ascolta, amico,
Pene che non conosci, e imparerai
Più facilmente a tollerar le tue.

Ti duol che ne' tuoi dritti insinuarsi
Debba un secondo? Invidïabil sorte
È la tua, credi a me. Di tuttaquanta
La maschia umana razza è la mia donna.
Dal Baltico remoto alla Mosella,
Dall' alpestre parete, ond' è divisa
L'Italia, alla metropoli che madre
È della Moda, offerta in ogni spaccio
Ella ti vien, sui rotabili tutti,

Su tutti i pachebotti ell' è costretta

1 Questa Satira, che parrebbe scritta dal Goethe anzi che dallo Schiller, appartiene al secondo periodo delle sue Liriche, ed arieggia il fare del Parini e del Gozzi.

A sostener l'artistica censura

Del saccente e del ciuco, ed atteggiarsi
D'innanzi all'occhialin del Filisteo; '
E secondo che giudica e comanda
Un sudicio aristarco, andar l'è forza,
O per calle di fiori o di roventi

Bragie, alla gloria od alla gogna. Un tale
Di Lipsia, un incisor (che Dio castighi !)
Ne prese un topografico disegno
Come d'una fortezza; e quei contorni,
Di cui, parrebbe a me, parlarne io solo
Dovrei, non altrimenti d'una merce,
Spose a pubblica mostra.

Almanco, in grazia

Delle leggi canoniche, la tua

Si pregia esserti moglie, e sa ben ella,
Saggia in questo, il perchè. Me pel marito
Della Ninon soltanto si conosce.

Ti lagni ancor che mormori la gente
Quando al Prater passeggi, o siedi al banco
Del Faraon? Mortale avventurato!
Oh potessi di tanto anch'io lagnarmi !
A me, caro compare, a me per sommo
Favore, un dietetico precetto
Concede.... che? la singolar fortuna
Di starle al lato manco. Occhio nessuno
sposo si avvede, ed ogni sguardo
Alla superba mia metà si volge.

Dello

Spunta appena il mattin, che già le scale Strepitano al viavai di rosse, azzurre,

2

Gialle assise con lettere, con balle,

Con pieghi non francati alla famosa

Donna indiritti... ed ella ancor nel sonno
Dolcemente riposa : e pur non l'oso
Risparmïar << Madama, le gazzette

Di Lipsia e di Berlino. » Apre d'un tratto
Gli occhi la bella addormentata, e getta
Sull'ultime notizie il primo sguardo;

Nome che davano gli studenti ai cittadini come profani. 2 Costume dei postini di quel tempo.

Nè leva a me le cerule pupille,

Ma le tien fise in quel misero foglio.
Sentonsi piangolar nella vicina

Camera i bimbi; il foglio allor depone,
E dimanda di lor.

La töelette

L'attende già; ma solo un volger d'occhio
Dona al cristallo. Un motto impaziente,
Minaccioso dà l'ali all' atterrita

Donzella, e via s' involano le Grazie
Dal gentil tavolino; agli Amoretti
Succedono le Furie, e metton mano
All' edificio della chioma.

Intanto

S'accostano di corsa aurati cocchi,
E più lacchè dal lastrico d' un salto
Balzano nelle soglie, ed udienza
Implorano alla bella illustre dama
Pel muscato abatin, pel baronetto,
Per l'inglese che sillaba tedesca

Non sa, benchè comprenda ogn' altra cosa;
Pel Grossinga e compagni,' e pel grand'uomo
Dai miracoli. Un tal che in un cantuccio
Umilmente si tira e che marito
S'intitola, d'un cenno appena, appena
Degno si fa... Potria l'intimo amico
Della tua casa osar quanto costoro ?
Qui de' goffi il più goffo, il più citrullo
De' citrulli non teme al mio cospetto
Dirle com'ei l'ammiri; e se cortese
Garbami di parer, pregarlo io debbo
Di onorar la mia mensa.

A desco, amico,
Le più gravi mie pene hanno principio!
Poveri fiaschi miei! Lavar m' è d'uopo

Col vino di Borgogna, a me vietato
Dal medico, la gola a questi proci

Forse un capo comico.

• Il Lavater.

Vol. XXIV, Serie II.

15 Dicembre 1880.

48

1

Della mia donna. Il pan che mi fruttaro
Dure, lunghe fatiche, ingorda preda
È di tali avoltoj. Sia maledetta

Questa immortalità che del mio buono

1

Neresteno è la morte!... a quante dita

Stampano il granchio pigli!... E qual compenso
Immagini ch'io n'abbia? un insolente
Stringersi nelle spalle, un espressivo
Torcer di bocca, e compianti villani...
E n'è chiaro il perchè. Non lo indovini?
Lo indovino ben io. Perchè fu questa
Perla di donna a tale un babbuino
Sacrificata.

È qui la primavera.

Ridesta è la natura e il suo dipinto
Tappeto stende sui prati e sui campi.
S'ingemma la recente erba di fiori,
Canta la lodoletta, e nelle selve
Tutto è vita. Ma vuota è di dolcezze
Per lei la primavera; e la canzone
De' più teneri affetti, e il bosco, il caro
Bosco già testimon de' nostri giochi,
Or più nulla, più nulla al cor le parla;
L'usignuol non sa leggere, incapaci
D'ammirar sono i gigli; e l'infinito
Grido di gioia del creato intero

Che mai, che mai le ispira?... un epigramma.

Ma no! Per viaggiar, la Primavera

Bella è però. Qual folla ora in Pirmonte??
Sentesi encomïar per ogni parte

Le terme caroline; 3 e quai diporti
Colà, dove dottori e cavalieri,
Dove celebrità d'ogni maniera
Stanno familiarmente insieme accolti,
E come nella barca di Caronte
Appaiati, stivati a far ciascuno

Specie di vin di Reno,

Luogo di bagui termali.
Carlsbad.

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