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chiara:richiesta da me fi me voleua fare quel piacere, mi rifpofe no no no no. LVC.O' gagloffo dumque tu vai fubuertendo le ponere donnecciole, fuer gognando i' parentadi?

BAR. Tuhai il diauolo in tefta: chi ti parla di queflo? è forse una forte di piacere che poffono far le donne à gl'huo

mini?

LVC. Hor fequita.

B AR. Silei haueffe detto vna volta, no. io non harrei piú parlato facendo rimaner la cofa coẞill. ma per che diffe piú de dodici volte,no,nono,non non, non,none,none,none, nani, nani, none. cazzo ( dißi intra di me) coftei ne vuole: al fangue de Suberi di pianelle Vecchißime: che in questo viaggio paffaremo qualche fiume. Poi riprendo. i. ripiglo il fermone facendo megli vdire in

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quefta foggia. O faccia di oro fino,✔ occhij di diamante: tu vuoi farmi mogire anh ?

LVC. Et poi dice la beftia che non intendeua di quella facenda.

BAR, Tu Lucia mi vuoi far rinegarez non ti puoi imaginare piu' di na forte con la quale le donne possono far moriregi huomini?

LVCIA.Paßa oltre. ella che rifpofe a questo?

BARRA. Et ella rifpofe, va' via, và Via, via, via, via, via,via, via,via,maľ huomo. Si lei haueffe detto vna volta Và via: forfe io harei fmaltito di quella ficurtà, che gli tanti non,non,mi haueano data: ma per che ripiglando due volte il fiato,diffe piú di quindeci volte via, via: io ho vditò dire da Maftro Mamphurio: che le due negatione affermano molto più le trè come veg

giamo per ifperienza : dumque dißi io intra mefteffo,coftei vuol danfare a' tre pie:& forfi che io gli piantaró vn' altra gamba tra le due,accio poffa anchor meglo correre.

LVC. Hor adeffo ti hó.

BAR. Hai il mať an che dio ti dia : perdonami fi t'offendo; sio te dico che non vuoi piglar fi non à mala parte quel che ti dico.

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LVC.Ah ah ah,fequita ch' io voglo tacere fin' d'l'ultima conclufione. che gli dicefti? BAR.All hor io con vna bocca piccolina meglifici vdire in quefto tenore. - Dumque cormio tu vuoi ch' io mora? &per che vuoi ch' io mora; per che ti amo?ch: farai dumque ad vn che t'odia ó vita mia? eccoti il coltello,vcci-demi con tua mano che certo certo morirò

contento.

IVC. Ah eh ah, lei? BAR. Gagloffo,dis-honefto, ricercatore, cubiculario diró al padre mio fpirituale,che tu mi hai fascinata : ma tu co tutte le tue paroli nõ bastarai giamai, di farmeti confentire: ne con tutte tue forze giamai verrai a quell' effetto che ti penfi: s'il prouaßi tel farei vedere certißimo. Credi tu per effer mafchio di hauer piú forza di me? Cagnazzo traditore,s'io haueffe vn pugnale: adeffo ti vcciderei, che no vi è teftimonio alchuno, ne perfona che ci Vegga. S'io hauesse hauuta la testa più greffa di quella di S. Sparagorio; o's'io fuffe ftato il più gran tamburro del mondo:la doueuo intendere. Il tamburro pure,quando è toccato, fuona. LVC.Hor dumque che fuono facefti tu? BAR. Andiamo dentro che tel faró vedere.

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LVC. Dite dite pure,perche dentro non

fi vede.

BAR. Andiamo andiamo,che batteremo tanto il fucile; che allumaremo quefta candela,che fempre porto dentro le brache per le occorrenze.

- LVC. Allumar la possa il fuoco di Să

-to Antonio.

BAR. E' da temer piu' di deluuio d'acqua,che di fuoco.

LVC. Lafciamo questi propofiti: ella che fi monftraua tanto ritrofa tanto gaglarda che fece? come ve há refifti

to?

BAR. Oime' ch'a' la pouerina tutta la forza gl'ando a dietronia. Parfemi veder la mula d'Alcionio,che s'ell hauesse hauuto al cul la brigla, harebbe fatto il giorno cento migla. Il conto di coftei mi par fimile a quel d'vn’alira che fpunzonaua don Nicola allaq. don

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