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SCENA VII.

Bonifacio fole.

Er quel che cofti me dice: io credo di hauer approẞimata la imagine tan to preffo al fuoco che quafi fi farebbe liquefatta. penfo d'hau wla troppo scaldata.guarda come la donna viene pouera tormentata dall'amore; per mia féche non ho possuto contener le lachrime. Si M. Scaramuré ( che div li dia il bongiorno ¿ la buona fera : che adeffo conofco per propria esperienza che è' vn galantißimo huomo) non mi haueffe auertito con dirmi, guarda che non fi liqu faccia: io certamente harrei fatta qual c'he pazzia ch’10 non ard fco trá mesteßo dirla. hor và numera l'arte maggica trà lefcienze vane.

SCENA VIII.

Martha. Bonifacio.

MART. E

Cco cquà quel pezzo
Afino,il quale volef

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fe dio che fuffe vn'afino intiero, che petrebbe feruire à qualche cofa. Bonafera Meffer Buon infaccia.

RON. Benuengha la cara madonna Martha voftro marito e' philofofo; bifogna che voi fiare Philof ƒ sjá.però no emarauiglife fate notomia de vocaboli: che cofa intendete per quel Buon' in faccia ? non credete ch' io vefia amico alle spalli & in affentia; come in prefentia? hauete torto aʼdarmi la berta. MART. Come vistá la borsa? BON. Come il ceruello di voftro Martino (volfi dır marito:) quando la nõ há carlini dentro.

MART. Io dico di quella di fotto. BON. Gran mercé a vostra cortefia; voi andate cercando il male come i' me dici:fi voi ui poteßßiuo remediare; uifarei intendere il come, et quale fi volere della broda andate a S. Maria della

noud.

MART. Volete dir ch'io fon cofa da frati, fer coglone. BON. Io ve dirró d'auantaggio. voi fiete cofa da cemiterio,per che vna femina che paffa trenta cinque anni,deue andar in pace idefte in purgatorio ad pregar dio per i viui.

MART, Quefto niente manco douiamo dir noi femine di voi altri mariti. BON. Dominedio non há coẞi ordinato,perche ha fatto le femine per gľ'homininon gl'huomini per le femine, fon ftate fatte per quel feruitio,& quado non fon buone a' quello, faccifen prefente

prefente al pouero diauolo per ch' il mo do non le vuole. Ad altare fcarrupato non s'accende candela; à ferigno fgangherato non fi fcrolla facco.

MART. Non è vergogna ad vn'huomo attempato qual voi fiete, di farfi fetir parlare in quefta foggia?a'i gioua-netti le giouanette,a giouani le giouane & più vecchi fi denno contentar de lle più ftantiue.

BON. Etfi non, uà le apicchi al fú-mo & falle stafanar dentro un cami-

Non è questa la ricetta che feronosi è medici al patriarcha Dauitte, poco fa ad vn certo Padre fato il qual morfe dicendo MENE-MEN E-: NON PIV BASER, ma coftui fcaldò trop--&lui douea effer tettato & tettana però non è maravigla, fe. MAR.E per che puofe troppo pepe al:

po,

cardo.

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BON. In conclufione madonna cara à gatto vecchio forccè tenerello. MAR. Questo come intendete per i Vecchi perche non intendete per le vecchie?

BON. Per che le donne fon per gl'huomininogl'homini per le donne. MAR. Pur lla, il mal' e' per che voi huomini fiete giodici & parte,ma pazxefon do noi altre, quelle che. BON. Quelle che fi lasciano patire. MAR. Non uoglo dir questo io, ma qualche voftro degno cafligo,& contra cambio.

BONIF. Idefte eßi ad altre; & effe ad altri.

MAR.Ih,ih,ih,ih.

BON. Ah,ah,ah,ah;ah,ah,ab. MAR. Come trattate la noftra mogle? credo che la lasciate morir di fete, è pur

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