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Del resto poi pronedera il Signore. Se Cardi ti pareffen troppo cari, Non gli lafciar,perche non e honefto Che patifcano i ghiotti per gli auari, Laffa piu presto flar l'olio e l'agreflo, Il pane il vin la carne,il fale,e'l lardos Cacciati drieto tutto quanto il resto, perl'amor de Dio dacci del Cardo. CAPITOLO IN LAVDE D'ARISTOTELE.

N

On fo maestro Pier quel,che ti pare Di quefta nuoua mia maninconia, Che io ho tolto Ariftotele a lodare, Che parentado,o che Genologia Quefto ragionamento habbia con quello, Ch'io feci l'altro di de la moria. Sappi maeftro Pier che quest'e'l bello. Non fi vuol mai penfar quel che fi faccia, Ma gouernarfi à voler di ceruellos Io non trouo perfona,che mi piaccia, Ne che piu mi contenti,che coftui. Mi paion tutti gli altri vna cofaccia Che furno inanzi,feco,e dopo lut:

E quel vantaggio fia fra loro appunto, Che fra il panno fcarlatto,e i panni bui, Quel ch'e fra la quarefima,e fra l'vnto, Che fai quanto ti pefa,duole,e increfce, Quel tempo faftidiofo quando e giunto Ch'ogni di ti bifogna frigger pefce. Cuocer meneftre,e bollire spinaci, Siringer melanze fi che'l fucco n'efte.

Saluando Dottor mie le uoftre paci,
Io ho detto ad Ariftotele infecreto,
Come il Petrarcha,tu fola mi piaci.
Ilqual Petrarca hauea piu del difcreto
In quella Philofophica raffegna
A porlo inanzi come'l pofe drieto.
Coflui maeftro Piero è quel,che insegna
Quel che puo dirfi veramente dotto,
E di vero faper l'anime impregna.
Che non imbarca altrui fenza bifcotto,
Non dice le fue cofe in aria al vento,
Ma tre e tre fa fei,quattro,e quattro otte
Ti fa con tanta grat a vn'argumento,
Che te lo fenti andar per la perfona
Fin al ceruello,e rimanerui drento,
Sempre co fillogifmi ti ragiona,
Ele ragion per ordine ti mettez
Quella ti fcambia,che non ti par buona,
Dilettafi di andar per le uie ftrette,
Corte,diritte,per fornirla presto,
E non i fta à dir l'ando la flette:
Fra li altri tratti Ariftotele ha queflo,
Che non vuol che gl'ingegni fordi e lofthi,
E la canaglia gli meni Pagrefto.
Pero par qualche volte che s'imbofchi
Paffandofi le cofe di leggiero,

E non habbia piacer ehe tu'l conofchi,
Ma quello è con effetto il fuo penfiero,
Seg lie che voglia dir che non l'intende
Lafcialo cicalar,che non e il vero.
Come falcon,che a far la preda intenda,

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Cbegira un pezzo fufpefo fu l'ali,
Poi di cielo in vn tratto a terra feender
Cofi par ch'egli a te parlando cali,

E uenga al punto, perche tu l'inuefla
Comincia da le cofe generali.
E le squarta,e minuzza,etrita,e pesla
Ogni ceftura e buco,gli ritroua
Si,che feropolo alcuno non ti refta.
Non vuol che I huomo a credergli fi moua,
Se non gli mette prima il pegno in mano,
Se quel che dice in fei modi no'l proua,
Non fa proemi inetti non in uano,
Dice le cofe fue femplicemente,
E non affetta il fauellar Thofcano.
Quando l'incorre a parlar de la gente,
Parla d'ognun piu presto ben che male,
Poco dice di fe d'altrui niente.
Cofa che non han fatto affai cicale,
Che volendo auanzarsi la fattura,
S'hanno unto da fua pofta lo ftiuale.
Eregola coflui de la natura,

Anzi è lei fteffa.e quella è la ragione C'ha pofto inanzi a gliocchi per pittura, Ha infegnato i coftumi alle perfone. La felicita v'e per chi la vuole Con infinito ingegno,e discretione, Hanno gli altri volumi assai par ole, Quefto e pien tutto e di fatti,e di cofe, Et d'altro che di vento empir ci vuole, O dio che crudelta,che non compofe Vn'operetta fopra la cuccina

Fra l'infinite fue miracolofe. Credo che la farebbe altra dottrina, Che quel tuo ricettacol babbus ffo, Doue hai imparato a far la gelatina, Che ti barebbe infignato qualche paffo Piu,che non fepe Apicio,ne Eforo, D'arofto,leffo,di magro,e di grafo. Ma io che fo che fon come quel topo, Che al Leon fifico dentro à l'orecchia, E del mioji lie ardir m'accorgo dopo. Arreco al mondo una nouella vecchia: Bianchezza voglio aggiungere a la neue, E metter tutto il mare in poca fecchia. Io che foglio cercar materia breue, Sterile, afciutta,e fenza fugo alcuno, Che punto d'eloquentia non riceue. E che fia il ver,ua leggi ad uno,ad uno I capitoli mie:che io uo morire Se glie fuggetto al mondo piu digiuno. Io non mi fo fcufar, fe non con dire Quel che io diffi di fopra,e fon caprici Che a mio difpetto mi voglion venire, Come a te di caftagne,e far paftici. CAPITOLO DE LA GE LATINA.

E

L non e mai fera,ne mattina,

Ne mezzo di ne notte, ch'io non penfi

A dir le laude de la Gelatinaz
E metterui entro tutti quanti e fenfi,
E nerui,e le budelle,el naturale,
Fer ifcoprir li fuoi misteri immenfi.

Ma veggo che l'ingegno non mi vale,
Che la natura fua miracolofa

E piu profendo affai che l'orinale.
Pur,perche nulla fa quel che nulla ofa.
S'io doueffi crepare,io fon difpofto
Di dirne ad ogni modo qualche cofas
E s'io non potro gire cofi accofto,
Ne entra ne i fuoi honor e affatto drento,
Faro il me,che potro cofi discosts.
La Gelatina e un quinto elemento,
E guai à noi,fe la non fuffe l'anno
Di verno,quando pioue,e tira il vento,
Che la val piu d'vna vefte di panno,
E appreffo ch'io non diffi anche del foce
Che tal volta ci fa piu tofto danno.
Io non la fogia far,che non fon cuoco,
E non mi curo di faper,ma bafta,
Ch'anchor io me ne intendo qualche poce.
E' o volessi metter mano in pasta,
Farei forfe vedere à la brigata

Chi e che acconcia l'arte,e chi la guafta, La Gelatina feufa l'infalata,

E ferue per finocchi,e per formaio, Da poi che la vinandae fparechiata. Ecio,che cibo trouato un auantaggio Quando m'e meffo Gelatina inanzi, Vo pur di lungo,e in mio danno caggio. E nou penfi neffun che me ne auanzi, Che s'io ne deffi un boccone è per fona, Ti fo dir ch'io farei di belli auanzi. Chi vuol bauer la Gelatina buona,

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