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In non fo qual del fecondo elegia, Altra che la tuo Cinthia haueua io quiui, Er'io vn torso di pietra diuentato, Ovn. di quefti bucchi mezzi viui, Che di formiche adoffe habia vn mercato Tante bocche mi haueuan tanti denti Traffitto, punto,morto,e fcorticato. Credo che v'era anchora de l'altre genti, Come dir pulci,piattole,e pidocchi, Non men di lor animofe e valenti. Io non poteua fehernirmi con gli occhi, Perch'era al buio,ma vsaua ilnafo Per conofcer le spade dali fiocchi. E come fece con le man Thomafo, Cofi con quelle io mi certificai, Che l'imagination non facea caso, Dio vel dica per me:s'io dormi mai, L'effercitio feci io tutta la notte, Che fan per rifcaldarsi i marinai. Non cofi fpejfo quando l'anche ha rotte Da le volte Tipheo l'audace r empio Scotendo a riue le valli,ele grotte. Notate qui ch'io pongo questo effempio Leuato da l'Eneida dipefo,

E non vorrei pero parer vn feempio Perche m'han detto che Vergilio ha prefo Vn granciporro nel verfo d'Homero, Ilqual non ha con riuerenza intefo. E certo èftrana cosa s'egli e vere, Che di due ditioni vna faceffe, Malafciamo irge torniam dou’io era.

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Eran nel palco certe affaccie fefe
Sopra la tefla mia fra traue e traue
Onde caleina parea che cadeffe
Harefle detto che le foffer faue,
Che rouinando in fu'l palco di fotto
Faceuano vna musica foaue.
Quel era d'affe anch'egli e tutto rottos
Onde il fumo,che quindi fi stillaus;
Paffando a gliocchi miei faceus motto,
Vn bambino era in cuna,che cridaua,
Et una donna uecchia,chè tossind,
Et allhor per dolcezza bestemiaua.,
Se acorteggiarmi vn pipistrel veniua,
O à far la matinata vna ciuetta,
La festa mia del tutto fi forniua,
De laqualio non credo hauerui detta
La millefoma parte,e poi ci e quella
Del mio compagno,c'hebbe ancho la stretta.
Faretecilà dir poi,che la e bella.

M'eftato detto ch un ve ne ha gia firitto,
O vuol feriuerui in Greco vna nouella,
Yn poco piu che duraus il conflitto
Io diuentaua il venerabil Beda,
Se l'epitaphio fuo l'ha ben descritto.
Mi leuai che pareuo vna lampreda

V na Elitropia fina,vna morena,

E chi non me'l vuol creder non mel creda; Di buchihaueuo la perfona piena, Ero io di macchie roffe tutto tinto, Pareuo io proprio vna notte serena. Seheuete vifio vn fan Giulian dipinto

Vfcir di un pozzo fuor fin al bellico
D'affidi fordi,o de altre ferpi cintos
O un fan Giobbe in qualche muro antico
F fe non basta anticho anco moderno,
O fant' Anton batuto dal nemico,
Talhaueuan di me fatto gouerno
Co,morfi graffi ftocate e ferite
Quei ueramente diauoli d'Inferue
Io vi fcongiuro che fe mai venite
Chiamato à medicar queft'hofte noftro
Dateli bere à pafto acqua di uite,
Eategli fare un feruitial d'inchistoro.

N

CAPITOLO PRIMO
DE LA PESTE

On ti marauegliar maeftro Piero,
S'io non uoleuo laltra fera dare
Sopra quel dubbio tuo giudicio intiera,
Quando ftauamo à cena à disputare,
Qual era il meglior tempo,e la piu bella
Stagion che lanatura fappi fare.
Perche questa è una certa nouella,
Vnd materia aftratta,una mineftra,
Che non la puo capire ogni fcudella.
- Cominciano e poeti da la deftra

Parte de l'anno,e fanno uenir fuori Vn caftron coronato di ginefira. Copron la terra de herbette e di fiori, Fanno ridere il cielo egli elementi, Voglion ch'ognun fimpregni'e s'inamori. Chei fratti allbora vfciti de conuenti A capitoli

A capitoli lor uadano à fchiera. Non piu à dui à dui, ma à dieci è venti. Fanno che'l pouer afin fi difpera Raggiando dietro à le fue inamorateż E cofi circonfcriuon primauera. Altri hanno detto egli è me❜la state, Perche piu s'auicina la certezza, Onde babbiano à sfamarfi le brigate. Si bate il gran,fi fente vna dolcezza de frutti à che fi veggono indolcire, De l'vna che comincia farfi mezza Che non fi po cofi per poco

dires

Son que di lunghi,che par che s'intenda
Per difcretion che l'huom debbe dormires
Ha tempo almen di farla chi ha facenda.
Chi non ha fonno, facenda,ò penfieri
Per non peccare iu otio,va à merende,
O fi mette dinanzi vn tauolieri

Incontro al ventolin di qualche porta
Con un rifrefcatoi pien di bicchieri,
Con altri c'hanno detto,che piu importa
Hauerla inanzi cotta,che vedere
Le cofe infieme,onde fi fa la tortas
E pero la ftagion,che da da bere

Ch'apparecchia la tauola per tutto
Ha quella differentia di piacere.
Che l'opera,il disegno,il fiore,e'l fruttos
Credo che tu m'intenda,anchor che fcuro
Paia de verfi miei fofe il construttos
Dico che quefli tai voglion maturo
Il frutto,è non in herba,hauere in pugno,

B

Non in aria l'vccel,ch'è più ficuro. Pero lodan l'Ottobre piu che'l Giugno, Piu che'l Maggio il Settembre,e con effetto Anch'io lalor fententia non impugno Non e mancato anchor chi habbia detto Gran ben nel Verno, allegando ragioni Ch'albor e dolce cofa ftare in letto. Che tutti gli animali alhor fon buoni Infino à porci, fanfi le falcice Ceruellate, ventrefche,è falcíccioni, Efcono in lombardia fuor le pellices Crefconfi li pennacci à le berette: E faffi il Giorno con le feccatrice. Quel,che id corti tolgon.si rimette In altretante notti:ftafi à vegghia Fino à quattro hore'è cinque,è fei,fette, Adografi in quelt empo piu la tegghia A far torte,migliacci, berbofati Che la fcopetta à Neapoli, e la firegghia, Son tutti i tempi egualmente lodatis Hanno tutti effercitio,e piacer vario, Come vedrai tu fteffo fe lo guati se guati dico in fu'l tuo breuiario Mentre che di l'vffitio,e cuoci il bue, Dipinto à dietro à pie del Calendario. Chi cuoco ti parrà come fei tue. E chi fi fcalda,e chi puta le vignes Chi va con lo fparuier pigliando gru Chi imbotta il vin chi la vinaccia ftrigne Tutti i mefi hanno fotto le fue fefle, Come ha fantafticato chi pipigne

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